Il teatro è crescita personale, è sempre stato così e sempre sarà così. Spesso, però, quest’aspetto del teatro viene sottovalutato. Studiare recitazione ci obbliga a metterci in contatto con le nostre emozioni e a riconoscerle. E cos’è questo riconoscere le nostre emozioni se non crescita personale?
Per interpretare un personaggio ci mettiamo nei panni dell’altro, raccontiamo una verità che non è la nostra; è quella di un altro. Eppure, un bravo attore riesce ad essere così convincente da commuovere un pubblico consapevole della “falsità” di quello che sta guardando.
Ma come si fa?
Abbiamo tutti la capacità di cambiare il punto di vista sulle cose e comprendere che la nostra verità non è la verità assoluta (che non esiste), ma solo la nostra parziale visione dei fatti.
Questa capacità, però, non l’abbiamo allenata: l’abbiamo lasciata lì, nell’angolo. Ci hanno detto che non serviva, ci hanno costretto a dire che “l’empatia”, cioè il mettersi in connessione con le emozioni dell’altro, è qualcosa da maneggiare con cura.
L’empatia, la nostra capacità di metterci nei panni dell’altro, è uno strumento meraviglioso per vivere una vita felice e sana, proprio perché è colei che ci permette di scindere la nostra verità dalla verità degli altri, ma soprattutto ci permette di vederla.
Il teatro è un luogo magico per sviluppare le capacità necessarie per una vita più semplice.
Quando ero in accademia e dovevo studiare il monologo di Giulietta, avevo un unico grande problema: la giudicavo.
Giudicavo quella ragazzina di 14 anni che decide di togliersi la vita per il suo Romeo. Per me era davvero una cosa stupida da fare.
Il risultato del mio giudizio era che io non ero dalla sua parte, non riuscivo a comprendere il perché decidesse di compiere quel gesto estremo per amore.
Il mio maestro dell’epoca me lo disse chiaramente: “Hai tutte le qualità per fare Giulietta, ma la giudichi talmente tanto che non la lasci uscire.” Mi son dovuta guardare dentro a lungo per comprendere che dentro di me c’era una Giulietta in gabbia che io non lasciavo uscire.
Ho dovuto lavorare molto per comprendere quel personaggio, per riuscire ad accettarla prima, e ad amarla poi, sia dentro di me sia quando prendeva vita sulle tavole del palcoscenico.
A teatro si lavora tanto sul giudizio.
Le frasi ricorrenti sono:
“Non giudicarti mentre fai l’esercizio.”
“Guarda che ti stai giudicando.”
“Stai pensando a quello che stai facendo invece di farlo.”
Essere nel qui e ora è un concetto imprescindibile per una buona performance.
Quando parlo di teatro e di crescita personale intendo proprio questo: stare nel momento senza giudicarsi, lasciarsi trasportare dal momento e dare voce a quegli aspetti di te che hai tenuto in gabbia per troppo tempo.
In un laboratorio sentirai sempre l’insegnante che ti dice: “Prova! Non preoccuparti. Prova e basta! Non pensare! Buttati!”
E quante volte avresti voluto qualcuno che ti dicesse queste stesse parole anche nella vita?
Maurizio Tomatis On 1 Ottobre 2024 at 10:27
Bravissima!!
FabyFab On 3 Ottobre 2024 at 12:43
Ci hai fatto capire in poche semplici parole, cosa vuol dire TEATRO, cosa hai vissuto tu in prima persona e l’hai trasmesso in maniera eccellente, facendo venire voglia a chi legge di provare davvero ad immedesimarsi nell’altro, a praticare L’empatia e in un mondo che giudica tanto, troppo e in maniera spesso troppo severa, a provare anche nella vita reale a NON GIUDICARE. Sei come sempre UNICA!
Mauro On 24 Novembre 2024 at 18:42
Sottoscrivo ogni singola parola, ogni singola citazione. Ci sono dei passaggi fondamentali e illuminanti da scrivere nella mente di ciascuno di noi e soprattutto di chi fa il nostro mestiere.