Sperimenta la libertà di essere te stesso!
Quando ho iniziato a pensare a un laboratorio teatrale incentrato sulla crescita personale, mi sono chiesta da dove partire. La risposta fu abbastanza intuitiva:
Consapevolezza = so quel che faccio (per quanto possibile).
Il primo blocco del laboratorio lavora sull’auto-osservazione del corpo.
Come faccio a riprodurre in scena un’emozione se non so riconoscerla? È praticamente impossibile!
Ma, soprattutto, come faccio a vivere in connessione con me stessa se non mi “vedo”?
Mi è capitato spesso, in passato, di trovarmi confusa su quello che provavo. Non era assolutamente facile per me tirare il filo della matassa aggrovigliata e mettere ordine.
La domanda che mi fu suggerita, e che oggi voglio proporre nei miei laboratori, è: “Come sto?”
È una semplice domanda, ma da essa parte l’allenamento: si tratta sempre di allenamento.
Se mi alleno a farmi questa domanda giorno dopo giorno, la risposta sarà più semplice.
Cosa succede al mio corpo?
Quell’emozione che sto provando, dove posso visualizzarla nel corpo?
Poco alla volta, anche con un supporto teorico, ci accorgeremo di quello che ci succede e, man mano, saremo sempre più presenti a noi stessi.
Questo lavoro laboratoriale e di gruppo non si limita al palco: l’auto-osservazione è una risorsa per ogni aspetto della vita.
Quello che mi preme di più in questo lavoro è la connessione con se stessi: lo stare con i propri stati d’animo, piacevoli e spiacevoli, e a volte anche con il proprio disagio.
Il disagio può essere un alleato fondamentale.
Ho visto allievi fuggire dal proprio disagio e alzare muri verso se stessi, e ne ho visti altri andarci a braccetto, dicendo: “Ok, disagio, vieni con me e andiamo in scena insieme.”
Questa forma di amore verso le sensazioni sgradevoli ci porta a trasformarle.
“Le emozioni nel corpo” è assolutamente uno dei primi punti da cui partire.
Spostare l’attenzione dall’esterno all’interno, e dalla mente al corpo, ci aiuta ad acquisire consapevolezza di qualcosa che spesso dimentichiamo.
Quando il corpo è pronto a vivere un’emozione, la voce lo segue di conseguenza.
Sperimentare le proprie possibilità è sicuramente un altro punto su cui riflettere.
Per circa 10 anni ho fatto spettacoli in cui interpretavo tutti i personaggi di una storia. In Pinocchio ero la Fata Turchina, Pinocchio, il Gatto, la Volpe e altri. Cambiavo voce, dialetto e movenze.
È stata una palestra in cui sperimentare tutte le possibilità del mio corpo e della mia voce, ed era un aspetto molto importante per me.
Andare a scoprire quante possibilità abbiamo dentro di noi credo sia un altro step fondamentale.
In accademia, una volta, facemmo un esercizio: a turno, dovevamo ripetere una frase semplice con toni diversi. Non avevamo limiti, eppure, dopo una decina di volte, la cosa si fece complicata.
Perché? Perché non eravamo allenati a sperimentare!
Pensiamo sempre di avere solo 3 o 4 opzioni, senza renderci conto che in realtà ne abbiamo centinaia.
In un laboratorio per adulti spesso si pensa che l’unico obiettivo sia andare in scena. Non è così!
Andare in scena è un obiettivo fondamentale, ma non è l’unico.
Attraverso gli esercizi di articolazione – che sì, servono per andare in scena – si passa per il:
- Ho una voce.
- Mi faccio sentire.
- È il mio momento.
Queste piccole cose, che sembrano banali rispetto alla messa in scena vera e propria, sono in realtà grandi momenti di crescita personale.
Attraverso gli esercizi di respirazione diaframmatica si passa per il:
- Cosa fa il mio corpo?
- Sono connessa a lui.
- Visualizzo l’interno del mio corpo e sposto l’attenzione dall’esterno all’interno.
Questi sono solo alcuni esempi di come un laboratorio teatrale possa davvero cambiare il rapporto con noi stessi.
Da formatrice, il mio compito non è solo darti qualche informazione o dirti come stare in scena (sì, ovvio, faccio anche quello), ma il mio obiettivo principale è creare per te la situazione giusta in cui puoi sperimentare te stesso ed allenarti all’auto-osservazione, al fine di far crescere la tua consapevolezza.
Il resto tocca a te!
A un certo punto, nel mio percorso di insegnamento, è nata in me la necessità di allargare le mie prospettive. Chi sceglieva di frequentare un laboratorio con me doveva uscirne con qualcosa in più: un percorso verso se stesso, tangibile, da cui trarre vantaggio nella vita quotidiana.
Credo che tutto sia nato dall’esperienza con i bambini. Insegno teatro da molti anni in diverse scuole di Roma, e questo ha cambiato la mia prospettiva sulla didattica teatrale.
Quando parliamo di laboratori per bambini (a partire dai 2 anni e mezzo), si dà per scontato che nel laboratorio ci sia un percorso: uno che aumenti l’autostima, la consapevolezza di sé, delle proprie emozioni e il rapporto con l’altro.
Quando si parla di adulti, invece, no.
“L’adulto è strutturato”, dicono, “non ne ha bisogno”. Niente di più falso!
Certo, la plasticità cerebrale di un adulto è diversa da quella di un bambino, ma pensare che il viaggio verso noi stessi e la consapevolezza delle nostre emozioni si concluda con l’adolescenza mi sembra una pretesa ridicola.
Siamo sempre in viaggio verso noi stessi. Quel viaggio non finisce mai: magari lo mettiamo in pausa, ma non si conclude.
Quello che credo sia fondamentale è pensarci come bambini che hanno tutto da imparare (che paura, eh?!).
E invece no: è proprio quella straordinaria condizione di apertura che ci permette di riscoprirci ogni giorno.
Uno strumento acquisito nei miei studi di coaching sono le potenzialità personali. E perché non portare anche questo strumento nel viaggio verso noi stessi?
Le potenzialità personali sono risorse assolutamente concrete, che possono dare supporto al nostro lavoro.
Comprendo la difficoltà della connessione con se stessi. È proprio per questo che, sia nelle emozioni sia nelle potenzialità, cerco di offrire sempre uno strumento concreto: una “messa a terra” che ci permetta di spostarci dalla parte aleatoria a quella pratica.
Spogliarsi dei ruoli a cui troppo spesso ci attacchiamo per riconoscerci è un’altra riflessione importante all’interno del laboratorio.
Quando viene meno l’identificazione con il ruolo nella vita, si torna alla propria vera essenza.
Ho notato, nel mio percorso, obiezioni come: “Non posso far finta di essere un bambino, io sono un adulto!”
Ecco, questo è un esempio di come l’identificazione diventi un nemico. Identificarsi significa perdere la vera essenza.
In questo caso, identificarsi con il “solo essere adulti” ci porta a perdere il gioco, che è parte fondamentale dell’esperienza.
Sì, sono un adulto, ma sono stato un bambino che scopriva, si meravigliava e godeva del semplice fatto di giocare. Quella parte non è persa: è solo nascosta sotto il ruolo di avvocato, mamma, commercialista… insomma, dell’adulto con le bollette da pagare.
Pensando alla vita moderna, ci sentiamo spesso schiacciati dai ruoli che ci costringiamo a sostenere. Liberarsi, anche solo per poche ore, da quei ruoli significa dare la possibilità a noi stessi di emergere.
Talvolta si ha paura di andare a vedere cosa abbiamo nascosto sotto il tappeto. È una paura assolutamente legittima, ma spesso infondata. Sotto il tappeto, solitamente, ci sono risorse preziose che la società moderna ci ha allenato a nascondere.
Gli obiettivi del laboratorio:
- Connessione con se stessi attraverso l’auto-osservazione.
- Sperimentare le possibilità.
- Vivere il qui e ora.
- Attivazione dei sensi.
- Scoprire le proprie risorse.
- Disidentificazione dai ruoli.
Il teatro è sempre stato un mezzo per conoscersi. Averne consapevolezza e lavorare in quella direzione specifica è il passo in più che il mio percorso vuole offrirti.
Rosa:
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