Una delle prime nozioni che ci hanno disorientato nel nostro percorso formativo presso la scuola italiana di coaching umanistico è stato il ribaltamento del paradigma che prevede la possibilità di scegliere in nostri sentimenti. Nell’impalcatura teorica veniva mostrato che ogni sentimento può essere da noi scelto, addirittura l’amore. Secondo il nostro formatore, per amare è necessario passare attraverso un percorso di conoscenza dell’altro… e questa è proprio una delle scelte che porta alla realizzazione di quel sentimento.
Ma senza entrare in un tecnicismo così spinto, è utile capire come noi vincoliamo il risultato della nostra felicità a tante condizioni.
Senza che ce ne accorgiamo il nostro cervello elabora un’aspettativa che lega il significato di felicità a molti avvenimenti che devono accadere in maniera concorrente.
Esempio, sarò felice se: prenderò bei voti a scuola E mi laureerò a pieni voti E sarò una persona di successo a lavoro E mi sposerò E avrò dei figli entro una certa data E guadagnerò tanti soldi… E E E….
Ma che succede se il nostro concetto di felicità collegato alla vita mette in crisi una delle E? Non possiamo controllare tutti gli eventi (o le persone) per questo sono importanti due strategie:
Convertire quante più E in O
Riportare gli eventi legati alla nostra felicità sotto la nostra responsabilità:
Sarò felice quando: individuerò la passione che mi stimola ad imparare senza fatica O frequentando persone che mi aiutino a evolvermi O imparare a costruire una relazione appagante O mettermi in gioco per sperimentare la realizzazione di un sogno condiviso.
Cosa ne pensate?